La galleria di ritratti romani sul Corridoio Vasariano

Nel sistematico riordino della Galleria degli Uffizi, realizzato fra il 1780 e il 1782, l’abate Luigi Lanzi ebbe un ruolo di primo piano. A questo pioniere della moderna archeologia si dovette anche il riallestimento della serie di ritratti romani dei tre corridoi degli Uffizi, che, grazie all’opera dell’abate marchigiano, crebbe sia per numero delle opere sia per la qualità dei pezzi. Scegliendo ciò che di meglio potevano offrire il mercato antiquario e le raccolte granducali, disperse fra le numerose ville e sedi di rappresentanza ufficiale, Lanzi aggiunse oltre quaranta marmi ai settanta già presenti in Galleria, dando vita a una collezione di ritratti romani che vantava pochi confronti in Italia ed in Europa. Il riallestimento dei corridoi della Galleria, intrapreso a partire dal 1996, ha però riportato l’arredo delle sculture antiche dei tre corridoi a quello che è l’aspetto testimoniatoci dall’Atlante di Galleria, coordinato dall’abate De Greyss alla metà del XVIII secolo. Questa scelta museologica ha fatto sì che i ritratti scelti dal Lanzi, aggiunti in un’epoca posteriore a quella documentataci dai disegni dell’Atlante, fossero allontanati dagli spazi espositivi per essere collocati nei depositi.
Gli splendidi ritratti vagliati con tanta cura dall’abate marchigiano non sono stati, quindi, rimossi dai percorsi di visita perché giudicati “sacrificabili”, perché doppioni, oppure per ragioni di ordine estetico o di precario stato di conservazione; al contrario, quasi paradossalmente, proprio nei depositi degli Uffizi si sono venuti concentrando marmi di primaria importanza, opere che furono accuratamente selezionate fra i migliori ritratti provenienti da Villa Medici a Roma, dai palazzi granducali e dalle più importanti collezioni private di Firenze. Soltanto le scelte allestitive compiute negli anni Novanta del Novecento posero fine alla raccolta concepita dal Lanzi, la cui ricchezza ed importanza ben si comprende dalla scelta di queste quarantasette opere adesso sistemate nella sezione del corridoio vasariano che corre sopra Ponte Vecchio, dove, dopo decenni di oblio, sono finalmente restituite al pieno godimento del pubblico. Questi marmi offrono infatti una sintesi efficace e di altissimo livello qualitativo dell’evoluzione della ritrattistica romana dalla tarda repubblica all’età tetrarchica (fine I a.C. – fine III secolo d.C.). Dagli esempi ancora influenzati dalla tradizione italica di un realismo esasperato, come il busto di anziano “velato capite”, ai ritratti influenzati dal patetismo ellenistico, come il superbo ritratto colossale di Cicerone, si giunge al composto classicismo di età augustea, perfettamente esemplificato da una energica replica dell’Augusto di Prima Porta. Il pieno periodo imperiale è testimoniato sia da ritratti ufficiali di squisita fattura, sia da effigi di privati nelle quali troviamo echi dei modelli imperiali. Così, ad esempio, l’adozione della barba da parte degli imperatori antonini e severiani trova un diretto riscontro in teste come quella del cosiddetto “barbaro”, mentre l’affermarsi di un gusto per volumetrie più compatte e geometrizzanti, si manifesta in opere come quella del cosiddetto Massimo o quella del cosiddetto Diadumeniano, entrambe databili ai primi decenni del III secolo d.C.
Sono, però, soprattutto i ritratti femminili del I e II secolo d.C. ad offrire alcune delle migliori prove delle correnti stilistiche di quegli anni. Spicca, in particolar modo, un’eccezionale busto di una giovane scolpito intorno al 15 a.C., nella prima età augustea. Al di là dell’eccezionale forza del ritratto e della sua sottile introspezione psicologica, l’opera si segnala perché la donna è raffigurata con indosso la stola, la pesante veste che doveva coprire la tunica, nascondendone trasparenze e forme. Questa scelta ispirata al pudore e alla morigeratezza, voleva essere una dimostrazione tangibile del fatto che il personaggio ritratto era un sostenitore della politica moralizzatrice di Augusto che, con le leggi emanate fra il 18 e il 16 a.C., cercò di porre un freno al dilagare della corruzione morale. Nella serie dei ritratti femminili, inoltre, spicca una donna dall’aspetto solenne e dalla singolare acconciatura. Si tratta di una vestale, caratterizzata dall’infula, la sacra benda che le cinge il capo. Non si può, infine, fare a meno di ricordare il nitido ritratto di Sabina, moglie di Adriano (117-138 d.C.), o, ancora, i raffinati volti di età antonina, veri e propri capolavori di introspezione psicologica. Queste opere, raffiguranti ricche dame vissute nei decenni centrali del II secolo d.C., sono databili con un buon margine di sicurezza proprio grazie alle complesse acconciature, che replicano le pettinature adottate dalle imperatrici del periodo e testimoniateci dalla monetazione.
Con la galleria dei ritratti adesso ricostituita nel Corridoio Vasariano, il museo ritrova un tassello importante delle sue collezioni storiche. Solo adesso, infatti, si può comprendere pienamente la ragione delle parole di Luigi Lanzi, che, parlando della serie ritrattistica della Galleria così come lui l’aveva plasmata, arrivò ad affermare con comprensibile orgoglio che “si è ordinata una serie fino a Gallieno, che per poco non si può dire compiuta”.

Ritratto di ignoto

Inv. 1914 n. 140
Fine del I secolo a.C.
foto busto
Originariamente nella collezione del Marchese Capponi, questa testa entrò nelle raccolte delle Gallerie degli Uffizi nel 1780. Ad essere raffigurato è un ignoto che si è fatto ritrarre in adesione ai modelli ufficiali di Tiberio, come dimostra la resa dell'acconciatura fortemente debitrice delle prime immagini ufficiali dell'imperatore.

Ritratto della cosiddetta Poppea

Inv. 1914 n. 103
Metà del I secolo d.C.
foto busto
Il ritratto è compreso nelle collezioni granducali fin dal Seicento e si compone di una testa antica in marmo bianco, restaurata già nel secolo precedente e inserita su un busto cinquecentesco in marmo venato. Il ritratto raffigura una matrona romana ed è quasi certamente da riconoscere come un’opera dal carattere funerario, in virtù dei grandi occhi sgranati e della fissità dello sguardo. Tuttavia, l’acconciatura dei capelli risulta più tipica di un’epoca di circa vent’anni anteriore a quella in cui visse Poppea, seconda moglie dell’imperatore Nerone, che la tradizione settecentesca pretendeva di riconoscere nei tratti di questa immagine.

Ritratto del cosiddetto Massimo

Inv. 1914 n. 254
220-230 d.C.
foto busto
Il busto entrò agli Uffizi nel 1778 insieme ad altre opere appartenute alla collezione di Gaspero Gaddi. Il potente ritratto, che nella resa della capigliatura aderente al cranio e nella sua essenziale volumetria richiama la ritrattistica ufficiale di Alessandro Severo, ritrae probabilmente un auriga, come testimonia una replica che ancora conserva, sul petto, traccia delle redini.

Ritratto di ignota

Inv. 1914 n. 96
Fine del I secolo a.C.
foto busto
Questo splendido ritratto di ignota si caratterizza per l'indicazione della stola indossata dalla giovane donna. La veste, riconoscibile dal laccio leggermente sopraelevato sopra la spalla destra, era un indumento che serviva a coprire le trasparenze della tunica e testimonia di come il personaggio ritratto sostenesse la politica moralizzatrice di Augusto, concretizzatasi nelle leggi degli anni del 18-16 a.C.

Testa di Eracle tipo Lansdowne

Inv. 1914 n. 55
I secolo d.C.
foto busto
La testa costituisce una delle numerose repliche note di un tipo statuario elaborato sul finire del IV secolo a.C. da maestri di tradizione policletea. L’opera raffigurava Eracle stante con, nella mano destra, le spoglie del leone Nemeo, la prima delle prove affrontate dall’eroe argivo. Il trattamento delle chiome, accuratamente rifinite a scalpello, induce a datare l’opera ancora nell’ambito del I secolo d.C.

Ritratto di Augusto

Inv. 1914 n. 81
Inizi del I secolo d.C.
foto busto
Giunto a Firenze già sul finire del XVI secolo, questo ritratto costituisce un ottimo esempio del tipo più fortunato nella ritrattistica del figlio adottivo di Cesare, quello detto "Prima Porta", elaborato al momento del conferimento ad Ottaviano del titolo di Augustus, nel 27 a.C. Dettagli formali consentono di considerarla un’opera postuma e di riferirla ad età tiberiana.

Ritratto di Domizia

Inv. 1914 n. 118
Fine del I secolo d.C.
foto busto
Questa testa, giunta da Villa Medici a Firenze nel 1780, raffigura Domizia, moglie dell'imperatore Domiziano in analogia con quello che è il secondo tipo ritrattistico noto per questa imperatrice, elaborato fra l'81 e l'84 d.C

Ritratto della cosiddetta Giulia, figlia di Tito

Inv. 1914 n. 116
Inizi II secolo d.C.
foto busto
Il ritratto, attestato in Galleria dalla metà del XVIII secolo, restituisce il volto di una giovane donna erroneamente identificata con Giulia, la figlia dell’imperatore Tito, e caratterizzata da una elaborata acconciatura. Il complesso sistema di riccioli che incornicia la fronte risente ancora delle mode di età flavia (fine I secolo d.C.), ormai temperate, però, dall’affermarsi di un gusto più sobrio che caratterizzerà i primi decenni del secolo seguente.

Ritratto di ignoto

Inv. 1914 n. 395
metà I secolo a.C.
foto busto
Probabilmente proveniente da Villa Medici, l'opera giunse in Galleria solo sul finire del XVIII secolo. Lo stile di questo ritratto di ignoto è inquadrabile nella seconda metà del I secolo a.c. ed è avvicinabile alla corrente patetica dall'accentuato realismo propria di quegli anni, che trova nel ritratto di Cesare del tipo "Pisa-Chiaramonti" l'esempio più compiuto.

Ritratto del cosiddetto Scipione

OdA 1911 n. 650
Fine del XVIII secolo
foto busto
Il busto, opera di un ignoto scultore toscano della fine del Settecento, si ispira a un tipo iconografico di epoca romana attestato da almeno altri due esempi esistenti nelle collezioni granducali. In questo ritratto, dai tratti decisi e severi, si riconosceva l’effige di Scipione Africano, anche se, più verosimilmente, si tratta di ritratti di sacerdoti isiaci, caratterizzati proprio dalla completa rasatura dei capelli.

Ritratto virile

Inv. 1914 n. 286
Secondo quarto del II secolo d.C.
foto busto
Acquistato dalla collezione Niccolini nel 1824, il ritratto costituisce un ottimo esempio del gusto per un realismo descrittivo talora impietoso che contraddistinse la ritrattistica dei primi decenni del II secolo d.C. Un ritratto ai Capitolini, datato ai primi decenni del II secolo, offre un confronto particolarmente stringente sia da un punto di vista iconografico che stilistico.

Ritratto di giovinetta

Inv. 1914 n. 75
Metà del II secolo d.C.
foto busto
Attestato in Galleria a partire dagli anni Sessanta del XVIII secolo, questo ritratto è da annoverare fra i più freschi e riusciti esempi dell'arte del pieno II secolo d.C. conservati presso le Gallerie fiorentine. Il tipo di acconciatura "a torre" trova i suoi confronti più persuasivi nella prima età antonina, consentendo di ipotizzare anche per quest'opera un'analoga cronologia.

Testa di divinità, cosiddetta Vestale

Inv. 1914 n. 88
I secolo d.C.
foto busto
In questo solenne busto femminile si riconosceva, in passato, un’effige di Livia, la moglie di Augusto, oppure quella di una Vestale. I tratti fortemente idealizzati del volto tradiscono la derivazione da un prototipo tardoclassico (fine del IV secolo a.C.) forse raffigurante Cibele o un’altra divinità della cerchia eleusina.

Ritratto della cosiddetta Domizia

Inv. 1914 n. 133
Fine del I secolo d.C.
foto busto
In questo busto minore del vero, con probabile destinazione funeraria, andrà riconosciuto il ritratto di una donna vissuta nell’età flavia. Il tipo di acconciatura, caratterizzato da un’alta parrucca a riccioli convenzionalmente descritta come a “favo d’ape”, trova i suoi confronti più diretti nella ritrattistica ufficiale di Domizia, moglie dell’imperatore Domiziano, con la quale era stata erroneamente identificata in passato.

Ritratto del cosiddetto Massimo

Inv. 1914 n. 255
220-240 d.C.
foto busto
Proveniente dalla Villa di Pratolino, il busto fece il suo ingresso in Galleria soltanto nel 1778. Tradizionalmente identificato come ritratto del figlio dell’effimero imperatore Massimino il Trace, elevato alla porpora imperiale nel 236 d.C., in questo marmo andrà piuttosto riconosciuto il volto di un anonimo giovane ritratto in nudità eroica che, per il trattamento della capigliatura, è possibile riferire all’epoca del regno di Severo Alessandro.

Ritratto del cosiddetto Galba

Inv. 1914 n. 105
Secondo quarto del II secolo d.C.
foto busto
Attestato in Galleria sin dal 1704, il marmo, erroneamente identificato come effige dell'imperatore Galba, è da ritenersi piuttosto il ritratto di un anonimo vissuto all'età di Traiano, età alla quale rimanda il tipo di acconciatura e la sua resa formale.

Ritratto di Faustina Minor

Inv. 1914 n. 173
XVII secolo
foto busto
Questa scultura, opera di un anonimo artista del XVII secolo, si ispira ai modelli della ritrattistica ufficiale di Faustina Minor, moglie di Marco Aurelio. Non era raro che, per colmare i vuoti nella serie dei ritratti ufficiali, i collezionisti di epoca rinascimentale e barocca, commissionassero a scultori contemporanei delle riproduzioni estremamente fedeli dei tipi iconografici mancanti.

Ritratto della cosiddetta Crispina

Inv. 1914 n. 198
XVII secolo
foto busto
In questo ritratto si riconosceva l’effige di Crispina, moglie dell’imperatore Commodo. Il ritratto di questa imperatrice è sostanzialmente noto solo dalle monete e, infatti, l’ignoto artista barocco si è limitato ad ispirarsi genericamente a modelli scultorei della seconda metà del II secolo d.C., epoca alla quale rimanda l’acconciatura della donna.

Ritratto di ignoto

Inv. 1914 n. 348
Inizio del I secolo d.C.
foto busto
L’opera giunse in Galleria soltanto nel 1889, proveniente dalla Villa del Poggio Imperiale a Firenze, di cui aveva costituito l’arredo sino a quel momento. La testa, unica parte antica, mostra chiari echi della tradizione “realistica” tardo repubblicana, anche se la resa delle ciocche, accuratamente delineate, consente di inquadrare il ritratto di questo anonimo personaggio nei primi decenni del I secolo d.C.

Ritratto di anziano 'velato capite'

Inv. 1914 n. 367
ultimo quarto del I sec. a.C.
foto busto
I profondi incavi delle tempie e sulle guance concorrono ad accentuare l'espressione severa e concentrata dell'uomo che, a giudicare dal lembo che avvolge la testa (‘velato capite’) è impegnato in un atto sacrale. I confronti con alcuni ritratti della corrente iperrealistica tardo repubblicana consento un inquadramento di questo ritratto negli ultimi anni del I secolo a.C.

Ritratto di ignoto

Inv. 1914 n. 349
200-220 d.C.
foto busto
Il ritratto, a lungo conservato nella Villa di Poggio Imperiale a Firenze, offre un compiuto esempio di una moda nella foggia della capigliatura e della barba, che si diffuse a Roma fra la fine del II secolo d.C. e gli inizi del secolo seguente. Il modello delle chiome fluenti e della lunga barba si ispirava forse all'iconografia dei barbari o dei filosofi cinici.

Ritratto di Sabina

Inv. 1914 n. 161
130 d.C. circa
foto busto
Attestato in Galleria sin dagli inizi del XVIII secolo, questo ritratto riproduce le fattezze di Vibia Sabina, dal 100 d.C., moglie dell'imperatore Adriano. Il ritratto, dai tratti fortemente idealizzati, si caratterizza per un'acconciatura di ispirazione tardo classica, derivato da effigi di divinità del IV secolo a.C.

Ritratto di vestale

Inv. 1914, n. 150
120-130 d.C.
foto busto
Il busto, giunto a Firenze alla fine del ‘700 e già erroneamente identificato come Plotina, raffigura una vergine vestale in età matura. L’elaborata acconciatura, avvolta in una benda di lana (infula), richiama il ruolo sacerdotale ricoperto dalla donna; risulta invece assente il suffibulum, il tipico scialle indossato sul capo dalle vestali.

Ritratto di Marciana

Inv. 1914 n. 143
XVI-XVII secolo
foto busto
In questo ritratto, un anonimo scultore di età rinascimentale ha voluto effigiare Marciana, l’amata sorella dell’imperatore Traiano. In realtà, il busto è lontano non solo dai modelli ritrattistici di quell’augusta, ma anche dai tipi di acconciatura femminili abitualmente utilizzati fra I e II secolo d.C.

Ritratto di giovinetto

Inv. 1914 n. 236
Secondo quarto del III d.C.
foto busto
Arrivato da Villa Medici negli anni Ottanta del XVIII secolo, questo busto raffigura un giovane dallo sguardo assorto che, per la resa dell'acconciatura, trova i suoi raffronti più convincenti nella ritrattistica ufficiale degli imperatori della prima metà del III secolo d.C.

Ritratto di Faustina senior

Inv. 1914 n. 346
Metà del II secolo d.C.
foto busto
Questo marmo è censito per la prima volta nelle collezioni di Galleria soltanto nel 1914 e rimane ignota la sua precedente collocazione. La testa, unica parte antica, ci restituisce un’ottima replica del ritratto ufficiale dell’imperatrice Faustina Senior, moglie di Antonino Pio. Il tipo detto “Dresda” da cui dipende la copia fiorentina, fu verosimilmente realizzato subito dopo la morte della donna, nel 141 d.C., appena tre anni dopo che il marito era assurto al potere.

Ritratto di fanciullo

Inv. 1914 n. 174
160-180 d.C.
foto busto
L'ipotesi di riconoscere in un bronzo attribuito a Desiderio da Settignano un calco di questo marmo dimostrerebbe che quest'opera era già nota nella Firenze del XV secolo. Secondo un'altra ipotesi, invece, in questo superbo ritratto di epoca tardo antonina andrebbe riconosciuto un marmo donato nel 1488 a Lorenzo il Magnifico e rinvenuto nelle vicinanze di Ostia.

Ritratto del cosiddetto Britannico

Inv. 1914 n. 95
Metà del I secolo d.C.
foto busto
Questo ritratto di fanciullo era appartenuto alla collezione Gaddi e fu acquisito alle raccolte granducali solo nel 1778. Identificato tradizionalmente con Marco Aurelio fanciullo, fu, da Luigi Lanzi, riconosciuto come effige di Britannico, il figlio dell’imperatore Claudio. Anche se non si tratta di un ritratto di quel personaggio, il taglio dei capelli e le caratteristiche stilistiche rimandano effettivamente agli ultimi anni della dinastia giulio-claudia.

Busto con ritratto di fanciullo coronato

Inv. 1914 n. 1029
Secondo quarto del II secolo d.C.
foto busto
Si tratta di un ritratto funerario, come testimonia la corona che equipara il fanciullo a un eroe divinizzato. La resa dell'acconciatura e il trattamento delle superfici consentono di riferire l'opera alla piena età adrianea.

Ritratto del cosiddetto Annio Vero

Inv. 1914 n. 158
160-180 d.C.
foto busto
L’aspetto fisiognomico generale del fanciullo e la resa della capigliatura, vicini alla ritrattistica di Commodo e del padre Marco Aurelio, rendono plausibile la pertinenza del soggetto alla famiglia imperiale. Secondo alcuni studiosi, bisognerebbe proprio riconoscervi il gemello di Commodo, prematuramente scomparso a soli cinque anni nel 165 d.C.

Busto del cosiddetto Salonino

Inv. 1914 n. 260
120-130 d.C.
foto busto
Il piccolo busto fece parte della collezione di Gaspero Gaddi prima di fare il suo ingresso in Galleria nel 1778. Si tratta di un'immagine funeraria di un fanciullo caratterizzato da attributi dionisiaci (corona di pampini e ‘pardalis’ ovvero pelle di pantera) allusivi alla speranza di una rinascita del fanciullo a una nuova vita.

Ritratto del cosiddetto Galerio

Inv. 1914 n. 157
140-160 d.C.
foto busto
Il busto, assieme a parte del collo, è moderno come anche parte delle orecchie, il naso e una piccola porzione della capigliatura sul retro. Come testimonia la piccola tabula ansata, il ritratto fu identificato erroneamente con quello di Galerio Antonino, uno dei figli di Antonino Pio e Faustina Maggiore, scomparso prematuramente.

Ritratto del cosiddetto Elagabalo

Inv. 1914 n. 234
60-70 d.C.
foto busto
Il busto fu acquisito dal Marchese Alessandro Capponi nel 1780 per volontà di Luigi Lanzi, che vi riconosceva un’effige di Elagabalo, effimero imperatore degli inizi del III secolo d.C.. Il trattamento e la foggia della capigliatura mostrano, invece, chiari echi della moda in gradus formata (cioè con i capelli calamistrati a formare delle onde) particolarmente amata in periodo neroniano, consentendo di ricondurre questo raffinato ritratto nell’alveo della scultura della tarda età giulio-claudia.

Ritratto di ignota

Inv. 1914 n. 61
Metà del II secolo d.C.
foto busto
L'opera, attestata in Galleria sin dal 1769, offre uno splendido esempio di ritrattistica femminile di età antonina. La resa degli occhi e il profilo affinato del volto tradiscono, però, una pesante rilavorazione subita dal ritratto in età tardoantica (inizio del IV secolo d.C.)

Busto del cosiddetto Macrino

Inv. 1914 n. 228
230-250 d.C.
foto busto
Attestato in Galleria sin dagli inizi del XVIII secolo, questo ritratto riproduce le fattezze di un ignoto personaggio della prima età gallienica, come sembra indicare la peculiare resa della barba che proprio nella ritrattistica ufficiale di quell'imperatore trova i suoi raffronti più convincenti a livello formale.

Ritratto di Antonino Pio

Inv. 1914 n. 1
Metà del II secolo d.C.
foto busto
Il busto giunse a Firenze da Villa Medici nel 1787. Lo splendido ritratto costituisce un’ottima replica del tipo detto “Formia-Croce Greca”, il cui modello fu creato al momento della designazione di Antonino Pio alla successione imperiale (febbraio del 138 d.C.), appena pochi mesi prima che Adriano morisse.

Ritratto del cosiddetto Gordiano Pio

Inv. 1914 n. 262
XVII secolo
foto busto
Questo marmo, attestato in Galleria a partire dalla metà del XVIII secolo, era tradizionalmente interpretato come effige dell’imperatore Elagabalo, vissuto agli inizi del III secolo d.C. Si tratta, in realtà, di uno pseudo antico genericamente ispirato a modelli ritrattistici del I secolo d.C.

Busto con testa di Afrodite

Inv. 1914 n. 365
Metà del II secolo d.C.
foto busto
Nella testa, unica parte antica, è riconoscibile una replica di piena età antonina di un’effige della dea Afrodite. In particolare, le trecce riportate sulla sommità della testa e legate a formare una sorta di fiocco, costituiscono un carattere esclusivo dell’iconografia di questa dea.

Ritratto di Domizia

Inv. 1914 n. 134
Inizi del II secolo d.C.
foto busto
La testa antica, risistemata su un busto moderno, è presente in Galleria fin dal 1704. In virtù della fisionomia del volto e soprattutto dell’inconfondibile parrucca “a nido d’ape” posizionata sulla sua fronte, in questa donna si deve riconoscere l’effige di Domizia Longina, sposa di Domiziano, ricordata dalle fonti per aver partecipato alla congiura che portò alla morte del marito. La presenza della pupilla incisa sugli occhi di questo ritratto spingerebbe, però, a una datazione dell’opera almeno alla prima età adrianea. Questa ipotesi è verosimile se si considera che l’imperatrice ebbe una vita particolarmente lunga, morendo probabilmente intorno al 128 d.C

Ritratto di ignota

Inv. 1914 n. 548
Secondo quarto del III secolo d.C.
foto busto
Questo ritratto di ignota, attestato in Galleria a partire dalla metà del XVIII secolo, è riferibile con buona verosimiglianza agli anni trenta del terzo secolo d.C. per il tipo di acconciatura, detto Nestfrisur ("pettinatura a rete"), attestato per la prima volta nella ritrattistica di Iulia Domna e poi ampiamente utilizzato per tutta la prima metà del secolo.

Ritratto di giovinetto

Inv. 1914 n. 176
140-160 d.C.
foto busto
Entrato in Galleria nel 1778, il piccolo busto riproduce le fattezze di un giovane dall’aspetto ispirato e melanconico. Il ritratto è evidentemente debitore dei modelli della ritrattistica ufficiale del giovane Marco Aurelio (tipo “Kronprinz”) risalenti agli anni centrali del II secolo d.C., anche se la mancanza di una puntuale rispondenza con la fisionomia di quell’imperatore induce a riconoscere in questo marmo l’effige di un suo anonimo contemporaneo.

Ritratto del cosiddetto Gordiano I

Inv. 1914 n. 259
130-140 d.C.
foto busto
Il ritratto, attestato in Galleria dal 1704, fu inizialmente sistemato nel primo corridoio, da dove fu trasferito nel terzo al momento della sistemazione condotta da Luigi Lanzi. La scultura, la cui fisionomia differisce notevolmente da quelli di Gordiano I, bene si inquadra nella ritrattistica di epoca tardo adrianea, soprattutto per lo schema della capigliatura e la resa sensibile della barba, che si discosta dalla tecnica ‘a penna’ peculiare nel secolo successivo.

Ritratto della cosiddetta Marciana

Inv. 1914 n. 137
Inizi del II secolo d.C.
foto busto
Attestato in Galleria sin dalla metà del XVIII secolo, questo ritratto fu identificato come effige di Marciana, la sorella di Traiano. Se il tipo di acconciatura e il trattamento formale delle superfici rimandano effettivamente a una temperie artistica coeva a quella traianea, la fisionomia del volto consente di escludere questa identificazione e induce a riconoscere in questo ritratto quello di una sua anonima contemporanea.

Busto con testa di ignota

Inv. 1914 n. 387
Metà del II secolo d.C.
foto busto
Il busto è attestato nelle raccolte della Galleria sin dagli inizi del XVIII secolo. La testa, unica parte antica, ci restituisce il volto di una donna segnata dall’età e caratterizzata da una acconciatura che si presenta come una variante semplificata della pettinatura adottate dalle imperatrici della metà del II secolo d.C.

Ritratto di ignoto

Inv. 1914 n. 2
Prima metà del II secolo d.C.
foto busto
La testa, unica parte antica, ci restituisce le fattezze di un personaggio caratterizzato da una barba mossa e leggermente chiaroscurata che, unitamente alla fronte segnata da profonde rughe, sembra avvicinarlo ai ritratti di filosofi. Proprio la foggia della barba, comunque, induce a riferire il ritratto all’età adrianea, epoca nella quale si afferma anche nella ritrattistica privata l’ideale dell’uomo dedito al pensiero e alla speculazione.

Ritratto di principessa giulio-claudia

Inv. 1914 n. 37
Metà del I secolo d.C.
foto busto
Lo splendido ritratto, di dimensioni maggiori del vero, riproduce le fattezze di una principessa giulio claudia nella quale, secondo alcuni, sarebbe da riconoscere Agrippina, la quarta moglie di Claudio e madre di Nerone, e, secondo altri Messalina, la terza moglie di quello stesso imperatore.

Ritratto di Cicerone

Inv. 1914 n. 352
Prima metà del I secolo d.C.
foto busto
La replica fiorentina del ritratto del celebre oratore è da annoverare fra le migliori giunte sino a noi. L’opera, che si caratterizza per un marcato dinamismo e un’accentuata mimica facciale ispirati ai modelli del ritratto di Menandro, offre uno degli esempi più compiuti dell’influenza della tradizione ellenistica nella scultura della tarda età repubblicana.